sabato 25 marzo 2017

Trasformazioni

Decisi di registrare l’evento, come facevo di solito quando mi capitavano situazioni particolari. Alcuni anni prima avevo comprato un miniregistratore che portavo sempre con me, per archiviare su nastro i miei sentimenti o gli eventi che consideravo particolari, o degni di nota. Lo facevo con lo scopo di scrivere un libro sulla mia vita, da lasciare ai posteri. Non so se quella fosse paura della morte oppure malattia da protagonismo, so solo che avevo deciso di farlo, e quello della notte precedente era un evento da ricordare. Presi il giubbotto, poi il registratore dalla tasca dei pantaloni, dunque lo accesi avvicinandolo alla bocca.
- Oggi dodici giugno duemilasedici sto controllato le condizioni di un giubbotto in pelle, ritrovato la notte scorsa in un bidone della spazzatura. L’indumento è perfettamente integro in tutte le sue parti. La pelle al tatto è ruvida come avevo constatato la notte del ritrovamento, elastica ma resistente, e di un colore bruno, sul marroncino scuro. L’interno è privo di cuciture, sembra un pezzo unico di pelle. Tuttavia, la cosa che mi lascia senza fiato è il disegno che lo caratterizza.
Una cartina geografica di altri tempi, i continenti non si distinguono, sono uniti in un unico territorio. Assomiglia ad un istantanea del nostro pianeta prima della separazione dei continenti. “Pangea”... le prime mappe geografiche, raffiguravano il mondo in questo modo.
Non vi è inciso nulla che mi possa permettere di risalire al periodo storico della cartina. Invece si possono distinguere alcune montagne e delle pianure desertiche. L’insieme è affascinante ed inquietante allo stesso tempo. -
Sistemai il registratore acceso sulla sedia, e sfiorai con l’indice una zona della cartina. Il mio dito fu attraversato da una leggera scossa elettrostatica, non fastidiosa ma nemmeno piacevole, dunque tolsi il dito con un gesto istintivo, ma la mia curiosità era più forte e riavvicinai lo stesso dito alla cartina, ma questa volta la scossa non m’infastidì. La sentì scorrermi sulla mano e attraversarmi il braccio, petto e capo, avvertì i miei pochi cappelli drizzarsi sulla testa. Raccolsi il registratore dalla sedia e prosegui il mio racconto.
- Sfiorando la cartina impressa sul dorso del giubbotto ho avvertito una leggera scossa elettrica, adesso provo ad indossarlo, ad occhio sembra di due taglie più piccole. -
Presi il giubbotto e m’infilai una manica, il braccio scivolò dentro con facilità, m’infilai dunque anche l’altra manica e fui pervaso da una strana sensazione, il giubbotto mi avvolgeva adattandosi al corpo come una seconda pelle.
Avvicinai il registratore alla bocca.
- E’ bellissimo, perfetto, si adatta perfettamente al fisico, mi avvolge come... come un abbraccio, un caldo abbraccio. -
Mi guardai allo specchio: la sensazione era piacevole, me lo sarei lasciato addosso per sempre. Spensi il registratore e scesi le scale che portavano al mio studio. Riportai indietro il nastro per riascoltare il resoconto, ed accertarmi di averlo registrato così come facevo ogni volta.
Ascoltare la mia voce registrata all’interno della casa vuota e silenziosa m’incuteva timore, il ricordo di quello che mi era capitato poco prima al telefono non mi aveva ancora abbandonato, inoltre, avevo ancora la convinzione di non essere solo in casa.

Raggiunsi il mio studio accompagnato dalla voce del nastro che riproduceva la descrizione dei fatti. Ad un certo punto mi accorsi che la mia voce pronunciava parole incomprensibili, pensai si fosse avvolto il nastro sulla testina del registratore, e prima che il danno potesse diventare irreversibile bloccai la riproduzione. Aprì lo sportellino estraendo la cassetta, il nastro era integro. Riposizionai il nastro e riaccesi. 

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